Presentazione della conferenza
Dall’ex deputato del Sud del Libano, l’avvocato sciita Abdallah GHOTEIMI.
Conferenza tenuta nel Centro Culturale per il Libano del sud (Beirut) il 21.03.1985
La conoscenza profonda che ho della personalità del prete cattolico Pierre mi permette di riassumere la sua presentazione in due parole:
Il credente ribelle: egli è credente in Dio, nella missione dei primi profeti e nell’Essenza che unisce tutte le religioni divine. Egli crede alla lettera quando questa si conforma allo spirito e si attacca allo spirito quando la lettera, nei libri ispirati, non vi corrisponde.
Si è ribellato alla ricchezza delle apparenze clericali e alla loro aristocrazia, perché essa non si armonizza con la semplicità e la modestia di Gesù Cristo.
È proprio un contrasto sorprendente e ridicolo vedere un servitore o un discepolo adornato lussuosamente e al tempo stesso venire disprezzato dal maestro. Questo servitore si permette di portare gli abiti e i gioielli più sontuosi, i più belli e più cari e questo durante il suo servizio presso il suo maestro. Cosa dire allora quando questo Maestro non è altro che Gesù, il figlio di Maria che ha detto: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime». È stato la guida dei ricchi che volevano seguirlo e ha detto loro: «Va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi.»
È un ribelle, il nostro conferenziere di questa sera, contro i falsi concetti insegnati da certi che si presentano a torto come la voce di Dio tra i credenti; come è ribelle alle pratiche deviate e ingannatrici di una cricca di religiosi il cui fine è disapprovato dal Dio Misericordioso e Giusto, anche quando si tratta della testa della Chiesa in Vaticano…
È un credente che ha il coraggio di parlare.
Ha fatto esplodere il suo coraggio all’inizio del fermento del combattimento confessionale, cruento e maledetto che opprime la nostra Patria da anni e che tende a impedire ai giusti di rivoltarsi, imponendo loro un triste silenzio. Questo combattimento, però, ha gettato nelle braccia del diavolo coloro che hanno preteso essere i soli giusti.
A quel tempo, fin dall’inizio dei combattimenti, solo, tra i sacerdoti, il prete Pierre si è sollevato -e non cessa di sollevarsi ancora- per gridare «NO» ai falsi religiosi e, quando il Maestro Divino lo ha chiamato al combattimento effettivo, ha lasciato la sua clinica per unirsi alle fila dei fratelli e degni figli: i combattenti contro Israele e i loro alleati in questo paese…
Il primo articolo scritto da Pierre risale al 20 Novembre 1975 nel quale ha denunciato i membri del clero che non meritano l’onore di portare la croce. Questo articolo è stato pubblicato dal giornale «Al Moharrer» con il titolo «Lettera aperta a Kamal Joumblatt» e aveva come sottotitolo: «Venite alla vera Croce».
Permettetemi di interrompere qui il filo delle mie idee per segnalare coincidenze che attirano l’attenzione:
- Il fatto che questa conferenza -che io sappia, sia la prima del suo genere in Libano- coincida con la commemorazione del martirio di Kamal Joumblatt, questo grande martire del Calvario libanese martirizzato in questa epoca stessa nell’anno 1977 e al quale il prete Pierre ha inviato la sua prima lettera.
- Il fatto che questa conferenza coincida con il primo giorno di primavera, stagione della fioritura dei germogli della nostra Rivoluzione mistica Nazionale contro l’invasione israeliana e presagio di vedere spargersi il profumo vivificante della nostra rivolta mistica per inglobare paesi e nazioni…
- Il fatto che questa conferenza coincida con il mese in cui è cominciata nel 1982 l’invasione israeliana e, nel 1985, la sua fuga disastrosa dal sud del nostro paese sotto i colpi spietati del nostro popolo ribelle e vittorioso.
- Il fatto che questa conferenza coincida, infine, con un fatto politico nuovo sulla scena libanese, cioè la pseudo rivolta del Fronte libanese di Samir Geagea che tende al compimento del piano sionista, all’insaputa o no dei suoi autori. Non si può che far constatare -che lo si voglia o no- che questa conferenza appaia come un’ingiunzione a riguardo dei pro-sionisti in questo paese.
Riprendo il filo delle mie idee per parlare degli articoli scritti dal nostro conferenziere. Questi articoli si sono susseguiti nel giornale «A1 Moharrer»; i principali articoli hanno avuto come titolo:
- «Il Maronitismo è una fede, non una razza», del 25 Dicembre 1975.
- «Chi sono i profeti oggi?», del 12 Gennaio 1976.
- «O Progressisti, progredite dunque», con il sottotitolo «La vittoria impone l’unione», del 19 Gennaio 1976.
- «La bestia è Israele», del 21 Febbraio 1976.
L’ultimo articolo scritto dal nostro conferenziere è stata una lettera aperta al Papa Giovanni Paolo II nella quale ha denunciato il ricevimento di Shimon Peres in Vaticano, come contrario allo Spirito del Vangelo. Questa lettera è stata pubblicata dal giornale «Al Safir» il 26 Febbraio 1985.
Pierre ha scritto diversi libri per spiegare la vera fede e denunciare gli inganni, mettendo a nudo Israele e la sua alleata la «Casa Nera», non «Bianca» di Washington. Washington dovrebbe essere la capitale degli Stati Uniti, ma in realtà è una colonia di Israele, come dimostrato dal deputato americano Paul Findley nel suo libro «Osano parlare» (titolo originale: «They dare to speak out»). E a dispetto di questo, i dirigenti degli Stati Uniti pretendono ancora e con la più flagrante arroganza essere i leader del mondo cosiddetto libero. Triste libertà, in verità, quella gestita da un miserabile lacchè del sionismo.
Il nostro conferenziere è giunto a far arrivare il suo messaggio, grazie a un assiduo lavoro, al cuore della lobby sionista, fondando alcuni centri in diversi paesi per denunciare il sionismo e distruggerlo tramite la Torah e il Vangelo, risvegliando così la coscienza occidentale, questa coscienza sottomessa dai sionisti a un lavaggio del cervello a colpi di testi biblici, non certamente ispirati da Dio, come dimostrerà il nostro conferenziere.
Visto che Israele nasconde le sue ambizioni territoriali sulla nostra Patria con maschere religiose e bibliche, in aggiunta alle mille maschere politiche e delle misure di sicurezza e altro, e visto che il compimento dei sogni israeliani sul Sud del Libano formano un passo decisivo sulla via del consolidamento dello stato biblico di Israele, abbiamo deciso di combattere Israele con le sue armi bibliche senza sacrificare gli altri mezzi di combattimento, affinché la Bibbia sia essa stessa giudice fra noi e Israele.
Così facendo dimostriamo che abbiamo capito in profondità il senso del combattimento sionista contro di noi e che abbiamo preso piena coscienza dell’essenza del sionismo e dell’entità di Israele.
Allora potremo combattere Israele fortificati e armati degli argomenti spirituali e allo stesso tempo liberare non solo noi, ma l’umanità intera, dal male di questo razzismo sionista odioso e distruttivo.
Da qui il soggetto di questa conferenza: «La Torah (la Bibbia) confuta Israele».
A Voi Pierre per annunciarvi la Buona Notizia.
Introduzione
Vi saluto, fratelli, nel nome di Dio il Misericordioso, il Compassionevole. Vi saluto in nome dei profeti martirizzati nel passato per avere detto «NO» a Israele. Gli ebrei li hanno uccisi come oggi uccidono i nostri figli e le nostre figlie: i martiri del Sud del Libano, sacrificati per avere detto e per dire ancora «NO» a Israele.
Vi saluto in nome della parola profetica scatenata e liberata a partire dal Sud del Libano: «NO» a Israele, perché la profezia di Dio e la sua parola sulla terra oggi sono «NO a Israele», questa parola ha fatto del Sud del Libano il santuario della nostra era, la sua gloriosa Città Santa e la sua Mecca onorata, dopo essere stata battezzata con il sangue del Libano a Sidone, Maaraké, Zerayriyé, Rashaya, alla Bekaa Ovest e nelle altre città e villaggi che resistono insanguinati all’occupante israeliano. Questo occupante ha sgozzato nel nostro Sud benedetto le nostre donne, i nostri bambini e i nostri uomini che hanno osato dire «NO» a Israele in nome di Dio.
Oggi, 21 Marzo, è la festa delle madri. È una buona occasione per onorare due madri che hanno offerto due martiri per la giustizia: voglio dire la Vergine Maria e Fatima (Fatima è la figlia del profeta Maometto) che hanno offerto Gesù e Hussein. Vi saluto dunque o Maria e Fatima madri dei credenti, dei credenti martiri in particolare.
Permettetemi di esprimere la mia fierezza e la mia consolazione di trovarmi in questa sala benedetta del Sud del Libano, perché il caro Libano del Sud ha fatto rialzare la mia testa, ha rinforzato la mia fierezza di essere Libanese e la mia testimonianza contro Israele. Ho parlato della mia consolazione di essere in questa sala del Sud del Libano, questa parola mi è stata ispirata dal mio santo intercessore lo cheikh martire Ragheb Harb. Ho sentito questa parola da lui in televisione in occasione della commemorazione del primo anno dal suo martirio, che egli aveva detto poco prima di subire il suo martirio avvenuto un anno fa: «Nel Sud del Libano non c’è posto per coloro che non intendono resistere all’occupante israeliano fino al martirio. Perché da questo Sud il nostro sangue viene versato, ma questo sangue versato si trasforma in balsamo per sanare molte ferite e consolare molti cuori». In quel momento ho sentito la consolazione colmare il mio cuore, perché mi ha fatto ricordare una profezia rivelata dal profeta Isaia nel capitolo 53 del suo libro, circa 750 anni prima del martirio del Cristo e nella quale Isaia disse agli ebrei che aspettavano allora -come aspettano ancora oggi- un Messia militare sgozzatore a immagine di Ariel Sharon; Isaia disse che il Messia che doveva venire sarebbe stato mite e umile di cuore e che gli ebrei lo avrebbero rifiutato e rinnegato, che Egli avrebbe subito dalle loro mani le sofferenze e la morte, ma che tramite le sue piaghe saremmo stati guariti.
E noi con le ferite, il sangue e il martirio di Ragheb Harb e di quelli come lui, alziamo la testa, veniamo guariti e annientiamo il nemico israeliano. Ragheb Harb ha conosciuto il martirio all’età di 33 anni esattamente come il Cristo. C’è un simbolismo per coloro che vogliono capire. Io ho capito che il sangue che è versato oggi nel Sud del Libano, come quello che è stato versato ieri in Palestina a Deir Yassin e altrove, è lo stesso di quello che è stato versato sul Golgota a Gerusalemme dove il Cristo è stato crocifisso e a Karbala dove Hussein è stato messo a morte. Quando sono stato invitato a tenere questa conferenza in questa sala che rappresenta il Sud del Libano, ho sentito che è stato Ragheb Harb che mi ha invitato in casa sua, in nome di tutti i martiri e in nome di Gesù e Hussein. Ho quindi accettato di tutto cuore.
Il soggetto di questa conferenza è «La Bibbia confuta (denuncia) lo Stato d’Israele». Ho cercato un titolo che orientasse la riflessione degli auditori: «La Bibbia rifiuta le ambizioni Israele», ecc… Ho visto, però, che il titolo più preciso è: «La Bibbia confuta lo Stato d’Israele» perché esso esprime la mia esatta intenzione. La Bibbia infatti confuta Israele come stato politico di qualunque genere o ovunque esso sia, indipendentemente dalle sue ambizioni, che ne abbia o no.
Prima di parlare del soggetto, credo sia utile spiegare il significato della parola «Sionismo» in rapporto al «Giudaismo». Il «giudaismo» è una religione, una fede monoteista ispirata da Dio. Il sionismo è l’imputridimento del giudaismo e la sua deviazione verso il materialismo mondano e il razzismo.
La parola sionismo è attribuita al Monte «Sion» uno dei cinque monti sui quali è stata costruita la vecchia Gerusalemme. Il secondo monte importante per i sionisti è il monte Moreah sul quale Salomone aveva costruito il primo Tempio sul sito presunto dove Abramo avrebbe voluto offrire suo figlio in sacrificio a Dio. Oggi su questo sito si trova la Moschea di Omar detta «Moschea della Roccia», che i sionisti vorrebbero vedere distrutta al fine di erigere il loro Tempio al suo posto.
Il Re Salomone aveva costruito il suo palazzo reale sul Monte Sion. Gradualmente l’attenzione degli ebrei è stata deviata dal Monte Moreah, dove si trovava il Tempio, per fissarsi sul Monte «Sion», dove si trovava il palazzo reale. Questo palazzo costruito sul Monte Sion è diventato il simbolo dell’esistenza degli ebrei al punto che essi scelsero per loro il nome di «sionisti», in rapporto a una entità politica, a un regno mondano e terreno sgradito a Dio e ai suoi, profeti, come vedremo, invece di scegliere come nome, per esempio, «Morei» in riferimento al Monte Moreah sul quale era costruito il Tempio, una entità che simboleggiava il messaggio spirituale, non temporale, del giudaismo. Così, tramite il nome che essi si sono scelti, i sionisti hanno dimostrato di aver politicizzato lo spirituale e di avere tradito l’Alleanza divina.
Lo scopo del sionismo oggi è radunare gli ebrei del mondo intero in Palestina attorno al re d’Israele che sarebbe il messia sionista atteso impazientemente dagli ebrei per ristabilire il Regno sionista in Israele. La dinastia di questo regno è supposta durare, secondo gli ebrei, fino alla fine dei tempi e donare agli ebrei un’egemonia politica, economica e militare totale sul mondo. Ora, lo scopo del giudaismo, al contrario, è mite, umile e mira a radunare tutti gli uomini in una famiglia spirituale unica come spiegato da Gesù.
I profeti e Gesù in seguito hanno rifiutato di dare il loro avallo al piano sionista. Hanno denunciato questo piano satanico con coraggio ed è stata questa la ragione per la quale i giudei hanno martirizzato i profeti e si sono rifiutati di credere che Gesù -che si è opposto al sionismo fino alla croce- fosse il Messia annunciato dai profeti. Gli ebrei negano ancora oggi di credere in Gesù per le stesse ragioni dei loro antenati.
Questa conferenza si divide in tre parti:
- I testi biblici che tracciano le frontiere di Israele. Dimostrerò che questi testi, denunciati dai profeti stessi, sono stati introdotti a torto dagli scribi nella Bibbia per giustificare lo spirito espansionista dei sionisti
- Il rifiuto di Dio e dei profeti di stabilire uno stato politico d’Israele
- La relazione tra Israele, l’Anticristo e «Gog e Magog»
Concluderò la mia conferenza rivelando ciò che la Bibbia dice del Libano, del suo ruolo per la salvezza.
I testi sionisti introdotti a torto dagli scribi nella bibbia
Dopo questa introduzione vi presento la mia conferenza «La Bibbia confuta Israele». Dimostrerò che i libri biblici dell’Antico Testamento denunciano lo stato d’Israele e confutano gli argomenti biblici presentati dai sionisti in favore d’Israele.
Avvenimenti eccezionali, guerre e rivoluzioni, si svolgono oggi nel mondo e particolarmente in Medio Oriente, dall’apparizione dello stato d’Israele dopo la seconda guerra mondiale. Questo stato ha concretizzato le brame represse degli ebrei da più di venti secoli. Noi libanesi, dopo i nostri fratelli Palestinesi, abbiamo vissuto e viviamo ancora questi avvenimenti nella nostra carne e nella nostra coscienza, con un’intensità mai eguagliata.
Con l’apparizione dello Stato d’Israele il mondo intero sta attraversando una prova, una crisi di coscienza che misura la fede degli uomini a loro insaputa. L’uomo, coscientemente o incoscientemente, passa attraverso un esame di coscienza che equivale a un giudizio. Questa prova sionista che si è abbattuta sul mondo INTERO è la prova UNIVERSALE della quale Gesù ha parlato nei Vangeli e della quale parla l’Apocalisse nel capitolo 3,10. Questa prova universale si presenta per sondare le intenzioni reali e la buona fede di ogni uomo in questa fine dei tempi prima del Ritorno finale di Gesù come Giudice del mondo.
Il mondo passa attraverso crisi e il Libano geme sotto il fardello di una croce pesante a causa del razzismo sionista instaurato in Palestina in un Stato chiamato Israele, che rifiuta lo Spirito del Cristo Gesù e che Paolo ha qualificato come nemico di Dio, dei profeti e degli uomini, nella sua prima lettera ai Tessalonicesi (1 Tessalonicesi 2,14-16). Israele ha scaricato segretamente il suo odio ovunque nel mondo, su tutti gli uomini e particolarmente in Libano, dove i suoi crimini sono stati commessi apertamente. Dopo aver depredato la Palestina, i sionisti hanno provato ad appropriarsi anche del Libano. Gli israeliani hanno derubato, spogliato, esiliato, perseguitato innocenti nei campi di concentramento anche qui in Libano. Due popoli hanno particolarmente sofferto per mano israeliana: i Palestinesi e dopo di loro i Libanesi e ciò con il sostegno e la benedizione del mondo occidentale cosiddetto libero e cristiano che ha armato la mano d’Israele rendendolo forte contro di noi.
La ragione principale di questo sostegno occidentale a Israele è stata la Bibbia, non l’olocausto hitleriano, perché i sionisti hanno ottenuto il favore dell’Europa e particolarmente dell’Inghilterra dall’inizio del XX secolo, prima del suddetto olocausto. E certi, ancora intorpiditi nel materialismo e assopiti nella noncuranza, continuano a dormire come le vergini stolte della parabola e rifiutano di utilizzare l’arma potente della Bibbia contro Israele quando questi impiega quest’arma contro noi, tanto più che la Bibbia stessa ci giustifica e condanna lo stato d’Israele come vedremo.
I sionisti hanno giocato su tutte le corde sensibili per abusare degli Europei e degli Americani. Tramite la massoneria ebraica e l’organizzazione giudea B’nai B’rith -che significa i figli dell’alleanza- i sionisti sono riusciti ad infiltrarsi nelle logge massoniche d’Europa e degli Stati Uniti e a guadagnare il cuore e l’ascolto dei cristiani occidentali tramite due potenti mezzi: la Bibbia e l’olocausto hitleriano.
Gli ebrei si sono presentati davanti ai cristiani occidentali come agnelli sgozzati dal nazismo ottenendo così la simpatia delle potenze europee e americane e il loro appoggio contro Arabi pur essendo gli Arabi innocenti dei crimini nazisti. Il movimento sionista internazionale ha soprattutto ingannato la coscienza cristiana in Occidente -che crede nella Bibbia- tramite la Bibbia stessa.
Da secoli il sionismo internazionale ha operato per installare gli Ebrei del mondo in Palestina. I dirigenti ebrei hanno sollecitato a questo scopo l’aiuto degli Zar della Russia, dei Papi del Vaticano e dei Sultani Turchi. Tutti i loro sforzi, però, sono stati vani. Infine, al principio di questo secolo, i sionisti, si sono sforzati di ottenere l’appoggio dell’Impero Britannico e la Bibbia è stato lo strumento che ha permesso loro di convincere i dirigenti inglesi.
Il primo indizio degli sforzi sionisti apparso sul terreno politico è stato l’accordo di Sykes-Picot nel 1916 in virtù del quale l’Inghilterra e la Francia hanno deciso di spartirsi tra loro il Medio Oriente alla fine della prima guerra mondiale. Tramite questo accordo, la Francia ha ottenuto il mandato sulla Siria e sul Libano e l’Inghilterra sull’Egitto, sull’Iraq e sulla Palestina allo scopo di favorire il raduno degli Ebrei in Palestina.
Il secondo segno dell’appoggio biblico offerto dall’occidente agli Ebrei è apparso nel 1917 con la promessa di Lord Balfour, ministro britannico degli Affari Esteri. In virtù di questa promessa, l’Inghilterra si impegnava ufficialmente ad aiutare agli Ebrei a immigrare in Palestina per fondarvi un focolare ebraico. È utile ricordare che i sionisti hanno ottenuto questi risultati concreti 25 anni prima dell’olocausto hitleriano, riferendosi solamente a testi biblici.
I sionisti continuano, ancora oggi, il loro piano per guadagnarsi la simpatia dei Cristiani occidentali tramite i testi biblici. Quelli che hanno letto il libro di Paul Findley, deputato degli Stati Uniti d’America, pubblicato ultimamente a episodi sul giornale «Al Safir», qui in Libano, dal titolo «They dare to speak out» (Essi osano parlare), non avranno nessuna difficoltà a credere a ciò che ho detto. Paul Findley denuncia le attività sioniste nel suo paese, particolarmente le Lobby sioniste, e fu egli stesso attaccato dai sionisti per non essersi a loro sottomesso. Questo deputato americano, fra le altre cose, ha detto nel suo libro:
«Molti Americani, conservatori e altri, sostengono Israele con il pretesto dei valori culturali e politici comuni e come reazione all’olocausto ebraico. Molti conservatori credono che la creazione d’Israele nel 1948 sia stato un adempimento profetico biblico e che Israele continuerà a giocare un ruolo centrale nel piano divino».
«Molti Cristiani vedono nell’appoggio a Israele un ruolo preponderante nell’interpretazione degli insegnamenti del Cristianesimo. Credono, in effetti, che Israele meriti il sostegno cristiano perché, da una parte, la sua esistenza è l’adempimento di profezie bibliche e moltiplicano i riferimenti ai testi biblici dell’Antico Testamento per rafforzare la loro opinione. Dall’altra parte, molti Cristiani sostengono Israele perché credono che gli Ebrei siano sempre quelli che erano ai tempi biblici e cioè il popolo eletto di Dio.»
Così ha osato esprimersi un deputato americano che ha subito la persecuzione organizzata da parte degli Ebrei e della lobby sionista nella sua stessa patria. Questa persecuzione è stata orchestrata contro di lui per la sola ragione di essere stato testimone dell’astuzia sionista rifiutando di lasciarsi violentare dai loro argomenti fuorvianti su ogni piano, biblico compreso.
Coloro che hanno colto lo Spirito biblico e hanno seguito i comportamenti del sionismo mondiale per guadagnare la simpatia del mondo occidentale tramite la Bibbia sono convinti che sia necessario rivelare il vero atteggiamento della Bibbia verso lo stato di Israele. Infatti la Bibbia è piena di testi che condannano la creazione di uno Stato politico ebraico. Tuttavia, constatiamo che molti capi religiosi e politici cristiani si sono lasciati fuorviare sostenendo le false pretese israeliane e si sono lasciati portare a credere alle false interpretazioni bibliche alle quali sono ricorsi certi Ebrei oggi.
La Bibbia ha una grande influenza sulla coscienza cristiana e gli Ebrei lo sanno, come il Corano ha un grande ascendente sulla coscienza mussulmana. È per questo che il primo ministro israeliano Menachem Begin quando è andato a visitare l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter si è presentato a lui, secondo quanto riferito dalla radio israeliana, con una carta biblica della Palestina per convincere Carter del suo dovere morale a sostenere lo Stato di Israele. Jimmy Carter, conosciuto per il suo attaccamento alla Bibbia, aveva allora dichiarato che, sostenendo Israele, era la causa di Dio che egli difendeva. È così che, tramite la Bibbia dunque, gli Israeliani sono riusciti a convincere molti Cristiani che essere contro Israele fosse peccato. Questo è esattamente il contrario di ciò che noi diciamo qui.
Così si sono comportati e si comportano ancora i dirigenti sionisti con il mondo occidentale, toccando tutte le corde sensibili e usando la Bibbia stessa per usurpare l’opinione pubblica occidentale e procurarsi il sostegno affettivo, morale, economico e infine militare dei paesi detti Cristiani.
Alcuni Vescovi in Francia e negli Stati Uniti sono arrivati persino a pubblicare dichiarazioni in favore di Israele, spingendo i loro fedeli a sostenere questo Stato. Alcuni hanno fatto di questo sostegno un dovere morale. Quest’inganno si è esteso fino a noi in Oriente, dove abbiamo visto Cristiani difendere Israele a detrimento della loro patria e capi religiosi cristiani tendere la mano a Israele per aiutarlo o per reclamare il suo aiuto contro i propri compatrioti.
La cupidigia biblica di Israele si estende dal Nilo all’Eufrate (Genesi 15,18). Questo è rappresentato sulla bandiera israeliana dove vediamo la Stella sionista, stella a sei punte, posta tra due linee azzurre orizzontali che simboleggiano appunto il Nilo e l’Eufrate.
Molti in Oriente si sono allontanati dalla Bibbia credendo che essa sostenga ingiustamente questo Stato iniquo e giustifichi i numerosi crimini d’Israele. Essi insorgono dunque contro la Bibbia invece di denunciare i sionisti che ne fanno cattivo uso.
Quelli che, in Oriente, non credono nella legittimità d’Israele provano un sentimento di distacco verso la Bibbia e credono nella sua falsificazione perché dicono che Dio non possa ispirare testi ingiusti. Costoro si rifiutano di ricorrere alla Bibbia per denunciare Israele e cadono nella trappola tesa loro dai sionisti per allontanarli dalla Bibbia affinché non venga scoperto in essa ciò che li condanna.
Credere che la Bibbia sia falsificata è rendere a Israele un doppio servizio perché, da una parte, ciò aumenta l’avversione dei Cristiani d’Occidente verso gli orientali che denunciano Israele e rifiutano la Bibbia e dall’altra, questi che combattono Israele allontanandosi dalla Bibbia trascurano questa arma biblica potente che gli dà ragione contro l’usurpatore israeliano.
Così constatiamo che i sionisti lavorano da un lato per allearsi ai loro amici cristiani tramite i testi biblici che sono loro favorevoli, e dall’altro per allontanare i loro nemici dalla Bibbia per timore questi non scoprano ciò che li condanna.
In questo campo bisogna saper restare obiettivi e avere molto discernimento per non lasciarsi trascinare da un entusiasmo malsano e impaziente. Questo potrebbe condurre a conclusioni frettolose e superficiali come credere alla falsificazione della Bibbia o ancora a lasciarsi trascinare da sentimenti razzisti: due pericoli che bisogna evitare a ogni costo. È per questo che bisogna acquisire un grande potere di concentrazione mentale, quella che avevano i due grandi saggi defunti Afghani e Mohammed Abdo che certificavano senza sosta l’autenticità dei testi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento giunti fino a noi.
Peraltro i ritrovamenti delle ricerche archeologiche, particolarmente i rotoli di Qumran, nei pressi del Mar Morto, scoperti nel 1947 e risalenti a 200 anni a.C., attestano l’autenticità del testo biblico attuale. È questo il testo che avevano conosciuto Gesù e il profeta Maometto, e che aveva certificato il Corano in più di un versetto, come il seguente: «Quelli ai quali demmo il Libro (la Bibbia) lo recitano come deve essere recitato, quelli credono in esso; quelli invece che non credono in esso, quelli saranno i perditori.» (Corano II; La vacca,115) Quanto a me, io credo nella Bibbia e nel suo testo attuale, al fine di non figurare tra i perdenti.
Certi, dopo avere sentito che la Bibbia sostiene Israele, si domandano come si possa conciliare il credere nella Bibbia e il confutare Israele. La risposta è semplice: É vero che la Bibbia menziona frontiere geografiche dello Stato israeliano, ma è anche vero che la Bibbia condanna coloro che lavorano per stabilire questo stato politico non voluto da Dio.
Io credo nella Bibbia e credo che sia ispirata da Dio. Se avessi creduto che la Bibbia avesse accordato agli Ebrei di oggi uno stato politico che si estendesse geograficamente dal Nilo all’Eufrate attraverso tutto il Libano, sarei stato il primo a militare nelle fila dell’esercito israeliano o dei loro alleati per stabilire lo stato d’Israele, e ciò a danno della mia diletta patria; il Libano, che avrei sacrificato di tutto cuore per soddisfare il Creatore, provandogli così il mio amore e il mio attaccamento alla sua unica volontà.
La Bibbia, invece, mi comanda di denunciare la brama israeliana e mi impone di combattere Israele fino al martirio, come fanno i nostri figli e le nostre figlie, i nostri degni fratelli e sorelle del Sud del Libano, questi martiri eletti da Dio che, lontano dall’essere morti, sono vivi per sempre vicino a Dio come detto dal Corano. Perciò, contrariamente a tutti coloro che, come pecoroni, seguono ciecamente la corrente pro-israeliana, con il timore di essere accusati di antisemitismo e di razzismo, io insorgo e grido come aveva gridato ieri il profeta Michea, dicendo: «Mentre io son pieno di forza con lo spirito del Signore, di giustizia e di coraggio, per annunziare a Giacobbe le sue colpe, a Israele il suo peccato.» (Michea 3,8)
Ora esporrò i testi biblici più importanti usati dai sionisti perché menzionano le frontiere di Israele. Poi dimostrerò che questi testi sono stati introdotti nella Bibbia dagli scribi ebrei. Ripeto: Questi testi sono stati introdotti nella Bibbia dagli scribi ebrei incitati dai capi religiosi e politici sionisti. Spiegherò poi come Dio, tramite i suoi profeti, abbia denunciato nella Bibbia stessa ciò che gli scribi vi hanno introdotto per giustificare la cupidigia israeliana in nome di Dio.
La Bibbia ci informa a proposito dell’Alleanza tra Dio e Abramo nella Genesi, in questi termini:
«In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abramo: Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate.» (Genesi 15,18)
Il fatto che Dio invitasse Abramo e la sua discendenza a installarsi tra il Nilo e l’Eufrate non significa che questa terra sia proprietà di Israele come stato politico del XX secolo. D’altra parte questo non significa che la discendenza di Abramo siano solo gli Ebrei, e particolarmente i giudei sionisti di oggi, perché anche gli Arabi sono posterità di Abramo. San Paolo, nella sua lettera ai Galati, rivela che tutti coloro che credono in Gesù come Messia sono figli di Abramo (Galati 3,29). Bisogna notare che gli Israeliani non credono che Gesù sia il Messia. Come dunque, secondo la logica di San Paolo, potremmo considerare gli Ebrei di oggi discendenti di Abramo? Bisognerebbe forse anche credere che tutti i milioni di discepoli di Gesù, a causa della loro discendenza da Abramo, dovrebbero radunarsi fra il Nilo e l’Eufrate, e che i non credenti dovrebbero vivere al di fuori di queste frontiere? Certo no.
La ragione per la quale Dio invita Abramo e la sua discendenza a stabilirsi fra questi due fiumi è la seguente: Costoro erano diventati nomadi ed erravano da un posto all’altro dopo che Dio aveva chiesto ad Abramo di lasciare la Siria, la sua patria. Dio invitò quindi Abramo a stabilirsi con i suoi su tutta l’estensione menzionata, non per fondare un nuovo stato politico come vogliono interpretare i sionisti, ma affinché Abramo coesistesse, lui e i suoi discendenti, con gli indigeni della regione che allora erano pagani, diffondendo pacificamente la conoscenza del Dio unico che si era rivelato a lui.
Ora gli Ebrei, contrariamente al piano di Dio, si trasformarono in sionisti dopo Abramo. Non si accontentarono più del monoteismo, ma vollero possedere la terra e i beni di altri abitanti, sforzandosi di scacciarli dalla regione sotto il pretesto che Dio avesse fatto dono a loro di questa terra e che essi ne fossero i soli proprietari. La Bibbia è ricca di esempi del sangue versato dagli Israeliani per stabilirsi in questa regione scacciando gli indigeni con la forza delle armi.
Gli scribi ebrei hanno introdotto nella Bibbia, istigati dai loro capi religiosi e politici, testi falsamente attribuiti a Dio per giustificare la loro bramosia. In seguito, i profeti hanno denunciato questa pratica menzognera. Cito alcuni esempi dei testi più importanti che si riferiscono alle frontiere di Israele:
«Quando Giosuè fu vecchio e avanti negli anni, il Signore gli disse: Tu sei diventato vecchio, avanti negli anni e rimane molto territorio da occupare. Questo è il paese rimasto: tutti i distretti dei Filistei… e tutto il Libano… fino all’ingresso di Amat. Tutti gli abitanti delle montagne dal Libano… tutti quelli di Sidone, io li scaccerò davanti agli Israeliti» (Giosuè 13,1-7).
Io mi domando oggi: Se fu veramente Dio a dire queste parole, perché noi Libanesi non siamo scappati dalle nostre case davanti agli Israeliani? Perché accade il contrario? Il mondo, infatti, sta contemplando gli Israeliani fuggire a gambe levate dal Sud del Libano. Dove sono i fuggiaschi soldati di Tsahal, l’esercito israeliano? Dove sono quelli della città di Hama a nord della Siria? E perché lo spavento riempie, non i cuori degli abitanti di Sidone del Sud del Libano, ma il cuore degli Israeliani che abitano negli insediamenti ebrei del Nord d’Israele, in Galilea?
Troviamo ancora un testo nel libro del Deuteronomio nel quale Dio dice agli Israeliani: «Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà sarà vostro; i vostri confini si estenderanno dal deserto (Sinai) al Libano, dal fiume (il fiume Eufrate) al Mar Mediterraneo. Nessuno potrà resistere a voi; il Signore vostro Dio, come vi ha detto, diffonderà la paura e il terrore di voi su tutta la terra che voi calpesterete» (Deuteronomio 11,24-25). Questo è il testo, biblico.
Cosa possiamo dire noi libanesi che crediamo nella Bibbia e che non temiamo gli Ebrei di oggi, che abbiamo seminato il terrore e la disperazione nel cuore di Tsahal, nei soldati dell’esercito israeliano, i valorosi soldati che abbiamo visto sotto i nostri occhi fuggire o suicidarsi in gruppo? È ciò che ha confessato lo stesso primo ministro israeliano alla stampa internazionale. Può essere che il Dio degli Israeliani non si attendesse ciò che essi stessi chiamano il «terrorismo sciita». Questo «terrorismo» li ha terrorizzati opponendosi a loro, anche nel momento in cui parlo con una resistenza che spaventa il loro cuore.
È dunque legittimo domandarsi come mai la Bibbia venga a dirci che «nessuno potrà resistere davanti agli israeliani»? Non hanno invece resistito questi sciiti, questi degni figli di Fatima, con i loro alleati di fronte alla formidabile macchina militare israeliana? E lo spavento non ha forse riempito il cuore dei soldati d’Israele che hanno fretta di ritirarsi dal Libano, spavento che gli abitanti del Libano del Sud non hanno conosciuto? Come dunque la Bibbia può dire che Dio diffonderà terrore nel cuore di tutti quelli che abitano questa terra? E chi è dunque questo Dio bugiardo e ingannatore?
Gesù ci risponde nel Vangelo di San Giovanni dicendo ai Giudei che lo rifiutavano: «…Voi che avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro» (Giovanni 8,44). Noi crediamo in queste gravi parole di Gesù.
Quando gli Israeliani dovettero ritirarsi dal Sinai, furono delusi dal loro «Dio» e dal loro Primo Ministro di allora, Menachem Begin, che li aveva precedentemente spinti a stabilirvisi. La loro delusione era dovuta al fatto che essi credevano che la Bibbia promettesse loro la proprietà permanente di questa regione della terra.
I sionisti dopo il loro ritiro dal Sinai non hanno imparato la lezione, non hanno ancora capito, fino a oggi, che il «Dio» ingannatore che essi adorano non è il Creatore Onnipotente capace di adempiere le sue promesse con una sola parola.
Abbiamo visto che testi biblici stabiliscono le frontiere d’Israele dal Nilo all’Eufrate. Noi, però, troviamo nella Bibbia altri testi secondo i quali Dio stabilisce frontiere meno ambiziose visto che Egli definisce le frontiere d’Israele solo dal Mar Mediterraneo al Mar Morto. In effetti, nel testo del libro dei Numeri Dio dice: «Questa sarà la vostra frontiera settentrionale: partendo dal Mar Mediterraneo, traccerete una linea fino al monte Or; dal monte Or, la traccerete in direzione di Amat e l’estremità della frontiera sarà a Zedad; la frontiera continuerà fino a Zifron e finirà a Cazar-Enan: questa sarà la vostra frontiera settentrionale. Traccerete la vostra frontiera orientale da Cazar-Enan a Sefam; la frontiera scenderà da Sefam verso Ribla, a oriente di Ain; poi la frontiera scenderà e si estenderà lungo il mare di Genèsaret, a oriente; poi la frontiera scenderà lungo il Giordano e finirà al Mar Morto. Questo sarà il vostro paese con le sue frontiere tutt’intorno» (Numeri 34,7-12).
In virtù di questo testo le frontiere orientali d’Israele si fermano al Giordano, ben lontane dall’Eufrate, e la frontiera occidentale si limita al Mediterraneo senza includere il Sinai.
Molti Israeliani credono in ciò che loro chiamano «Il Grande Israele», un impero Sionista Mondiale il cui centro nazionale è in Oriente. Questa stessa gente, però, è perplessa e imbarazzata quando deve definire le frontiere dello stato di Israele. Questa perplessità e quest’imbarazzo sono dovuti a testi biblici che differiscono quanto alla definizione delle frontiere. Ed è per questa ragione che, fino ad oggi, Israele non ha ancora presentato alle Nazioni Unite una carta che definisca le sue frontiere geografiche.
Tali sono i principali testi biblici usati dagli Israeliani per attirarsi l’appoggio del mondo cosiddetto «cristiano». Constatiamo che le frontiere variano secondo l’ambizione degli scribi. Ora, se fosse stato veramente Dio, l’Unico Creatore di ogni cosa, ad avere dettato i limiti di uno stato israeliano, questi testi biblici non sarebbero stati dati con tanta esitazione, e con più o meno espansionismo, lasciando quelli stessi che vi credono nella confusione totale e imbarazzando il mondo intero con la loro imprecisione. Dio, che ha creato ogni cosa in un equilibrio ammirabile, non può evidentemente ispirare testi confusi, ma gli scribi israeliani hanno fatto dire tutto a Dio per giustificare le bramosie sioniste.
I Giudei più ambiziosi scelgono come frontiere per lo stato di Israele: dal Nilo all’Eufrate. Tuttavia non si trovano mezzi pacifici per arrivare a questo scopo con il consenso dell’opinione mondiale. La signora Golda Meir, il defunto primo ministro di Israele, aveva detto: «Il mondo che ci resiste non ha capito nulla, perché dopo la prima Guerra Mondiale abbiamo ottenuto la promessa di Balfour, dopo la seconda Guerra Mondiale abbiamo ottenuto lo stato di Israele». Ella sottintendeva, nel contesto del suo discorso, che dopo la terza Guerra Mondiale, guerra che il Sionismo internazionale è capace di scatenare, gli Israeliani arriveranno a realizzare il loro sogno di sempre, cioè l’Impero Israeliano che dovrebbe sorgere dalle rovine di questa deflagrazione nucleare, per estendersi dal Nilo all’Eufrate. La signora Golda Meir voleva con le sue parole intimidire il mondo con il fatto che essa tenesse la chiave della temuta terza Guerra Mondiale. Il mondo farebbe dunque meglio a cedere alle esigenze del «Grande Israele» altrimenti il sionismo saprà mettere il mondo a ferro e fuoco per realizzarlo.
Ed è stato questo che ha spinto l’anziano ministro degli Affari Esteri degli Stati Uniti, Henri Kissinger, ebreo e famoso sionista, a proporre il suo famoso piano «passo passo» per risolvere il problema del Medio Oriente. Ciò, nel concetto sionista, significa risolvere il problema di questa regione estendendo i limiti di Israele fino alle frontiere bibliche dal Nilo all’Eufrate, ma «passo passo», dolcemente, senza fare rumore.
Ora, noi vediamo i soldati israeliani sloggiare dal Libano a grandi passi e con frastuono, sotto i colpi incessanti e inesorabili della valorosa resistenza Libanese. I soldati di Tsahal lasciano il Libano mascherando la loro fuga in ritirata tattica. Come arriveranno all’Eufrate e a Hama? Non è un ritiro a passi da gigante?
Che, nella Bibbia, si trovino versetti per definire le frontiere d’Israele, non significa che sia stato Dio ad averli ispirati. Questi versetti, al contrario, sono parassiti che deviano il piano di Dio dal suo corso storico normale e pacifico.
Si trovano nella Bibbia diversi esempi di questo parassitismo, e il profeta Geremia non ha mancato di denunciare questa pratica demenziale, accusando «la penna menzognera degli scribi» di avere sovraccaricato la Bibbia di testi menzogneri. Questo grande profeta dice in effetti agli Ebrei:
«Come potete dire: Noi siamo saggi, la legge del Signore è con noi? A menzogna l’ha ridotta la penna menzognera degli scribi!» (Geremia 8,8).
Troviamo anche nel Corano l’eco di queste stesse parole nella Sura «La Vacca» dove Dio dice: «Guai a quelli che, colle loro stesse mani, trascrivono il Libro (la Bibbia) alterandolo, quindi dicono: ‘questo viene da Dio’, per ottenere un vile vantaggio; guai a loro per quello che le loro mani hanno scritto, e guai a loro per ciò che hanno lucrato» (Corano II; La Vacca,73).
Gli scribi di Israele hanno introdotto nella Bibbia molte menzogne e favole per servire i loro interessi, particolarmente concernenti i sacrifici e gli olocausti chiesti dal popolo per essere presentati al Tempio. Una buona parte di queste offerte di animali, d’olio e di prodotti della terra offerti in abbondanza, erano consacrati all’uso dei preti.
Presento come esempio ciò che è scritto nel libro del Levitico, che fa dire a Dio: «Il sacerdote brucerà il grasso sopra l’altare; il petto sarà di Aronne e dei suoi figli. Darete anche in tributo al sacerdote la coscia destra dei vostri sacrifici di comunione. Essa spetterà, come sua parte, al figlio di Aronne che avrà offerto il sangue e il grasso dei sacrifici di comunione. Poiché dai sacrifici di comunione offerti dagli israeliti io mi riservo il petto della vittima offerta con l’agitazione di rito e la coscia della vittima offerta con l’elevazione di rito e li dò al sacerdote Aronne e ai suoi figli per legge perenne, che gli israeliti osserveranno» (Levitico 7,31-34). Così dunque la Bibbia certifica che è stato Dio che ha ordinato questi sacrifici animali e ha comandato che sia riservato ai preti la parte loro per sempre.
Ora, ecco che il profeta Geremia insorge in nome di Dio per denunciare queste pratiche, non essendo di sorgente divina. Ripeto, non essendo di sorgente divina. Questo profeta in effetti ironizza dicendo ai praticanti: «Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! In verità io non parlai né diedi comandi sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d’Egitto» (Geremia 7,21-23).
La domanda che si pone è la seguente: Come mai la Bibbia dice che è stato Dio a domandare i sacrifici animali e poi in seguito un gran profeta biblico come Geremia dichiara, ispirato da Dio, che Dio non aveva mai fatto tali prescrizioni? La Bibbia forse si contraddice?
Abbiamo preso l’abitudine di considerare i testi biblici nel loro insieme -in blocco e dettagliatamente- come essendo d’Ispirazione divina e abbiamo omesso di domandare alla Bibbia ciò che essa dice a questo proposito. Poiché è la Bibbia stessa che ci mette in guardia contro i propositi menzogneri introdotti in essa dalla «penna menzognera degli scribi» secondo l’espressione di Geremia.
Ciò che Dio ha detto dei sacrifici, si può dire anche del dono della Palestina e dei paesi vicini agli Israeliani. I testi che danno questa regione del mondo agli ebrei, delimitandone le frontiere, non sono di Dio; sono sorti da elucubrazioni sioniste.
La Bibbia incita gli Ebrei a occupare terreni e a espellere i loro abitanti. Ora, e sempre nella Bibbia, Dio condanna esplicitamente questa pratica che, ai suoi occhi è abominevole, e spinge i suoi profeti a denunciarla. Ascoltate per esempio questo testo tratto dal libro del profeta Isaia nel quale Dio insorge contro Israele, il cui simbolo è la vigna, così come il Cedro è il simbolo del Libano. Dice Dio:
«Or dunque abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio e così restate soli ad abitare nel paese.» (Isaia 5,3-8)
È così che la Bibbia confuta la mentalità e la cupidigia dei sionisti che vogliono essere i soli proprietari dei terreni, aggiungendo campo su campo e moltiplicando i loro insediamenti su tutta l’estensione della Palestina con la violenza, il sangue e l’ingiustizia, desiderando ancora espandere il loro dominio sul territorio libanese.
Troviamo dunque nella Bibbia un conflitto fra due mentalità contrarie l’una all’altra. Un conflitto che si manifesta tra due sorti di testi contraddittori senza alcun compromesso possibile. Questa è la lotta fra Dio e gli israeliani, tra il pensiero di Dio e il pensiero di Israele, tra lo Spirito Santo e lo spirito del sionismo.
Tutti coloro che hanno discernimento e un’oculata esperienza biblica possono differenziare tra il pensiero di Dio e quello razzista e violento del sionismo. Il Creatore stesso denuncia questa differenza fondamentale dicendo per mezzo del profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Isaia 55,8-9).
I sionisti hanno usato mille astuzie per introdurre i loro testi sionisti nella Bibbia al fine di occupare le terre nel nome di Dio. Dio però, secondo il salmo «è astuto con colui che usa l’astuzia», è stato più astuto introducendo nella Bibbia testi che rendono il dono della terra condizionato alla fedeltà all’Alleanza. Ora noi sappiamo che gli Ebrei hanno rotto l’Alleanza a causa delle loro innumerevoli infedeltà. In effetti, essi hanno adorato gli idoli pagani arrivando fino a offrirgli in sacrificio i loro figli e le loro figlie come denunciato dal profeta Geremia che dice:
«I figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini (gli idoli pagani) nel Tempio che prende il Nome da me, per contaminarlo. Hanno costruito l’altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente» (Geremia 7,30-31).
Tali pratiche abominevoli hanno consacrato la rottura dell’Alleanza tra gli Israeliani e Dio che ha denunciato l’infedeltà tramite i suoi profeti. Difatti Isaia dichiara in nome di Dio:
«Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signore dice: ‘Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende’. Guai, gente peccatrice, popolo carico di iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo di Israele, si sono voltati indietro.» (Isaia 1,2-4)
A suo turno, il profeta Geremia denuncia Israele dichiarando: «Il Signore mi disse: ‘Si è formata una congiura fra gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme; sono ritornati alle iniquità dei loro primi padri che avevano rifiutato di ascoltare le mie parole, anch’essi hanno seguito altri dèi per servirli. La casa di Israele e la casa di Giuda hanno violato l’Alleanza…’» (Geremia 11,9-10).
Il Corano non ha mancato di associarsi al soffio profetico denunciando l’infedeltà degli Ebrei in più di un versetto. Cito quello della Sura «Le Donne», versetto dove Dio dice agli Ebrei: «Essi hanno violato il loro patto, hanno rinnegato i segni di Dio, hanno ucciso i profeti ingiustamente…» (Corano IV; Le Donne,154).
La condizione della fedeltà all’Alleanza appare nelle parole che Mosè indirizza al popolo, nel capitolo 28 del libro del Deuteronomio: «SE (se, indica una condizione) tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi… il Signore tuo Dio ti metterà sopra tutte le nazioni della terra… Ma SE non obbedirai alla voce del Signore tuo Dio (di nuovo il «se» indica la condizione), allora il Signore colpirà te e i tuoi discendenti con flagelli prodigiosi: flagelli grandi e duraturi» (Deuteronomio 28,1-59). Mosè avendo previsto l’infedeltà, disse al popolo: «…Perché non avrai obbedito alla voce del Signore tuo Dio. Come il Signore gioiva a vostro riguardo nel beneficarvi e moltiplicarvi, così il Signore gioirà a vostro riguardo nel farvi perire e distruggervi; sarete strappati dal suolo, che vai a prendere in possesso.» (Deuteronomio 28,62-63)
Notate che l’alternativa al possesso della terra è l’espulsione da questa stessa terra in caso di infedeltà all’Alleanza. Dio aveva detto infatti: «Voi sarete strappati dalla terra che andate a prendere in possesso». Ora, abbiamo dimostrato questa infedeltà denunciata dai profeti.
Supponendo dunque che la Bibbia avesse dato agli Ebrei la terra che si estende dal Nilo all’Eufrate, non dobbiamo dimenticare che questo dono fu chiaramente condizionato, che le condizioni non furono rispettate, che l’Alleanza fu abrogata dalla confessione stessa dei profeti e che infine, il dono della terra fu sostituito dall’espulsione da questa terra e questo secondo le parole di Dio e di Mosè riportate dalla Bibbia stessa.
Ci stupiamo dunque nel constatare che gli Israeliani di oggi riescano a ingannare l’occidente cristiano con testi biblici che menzionano il dono della Palestina agli Ebrei.
Pensiamo che i credenti attenti e saggi che abbiano saputo custodire il discernimento comprenderanno che la Bibbia non dà a Israele posto in Oriente. Essi sapranno rispondere con la Bibbia ai ricatti dei sionisti che li minacciano di antisemitismo, come risposero una volta i profeti. Questi veri credenti contribuiranno così a illuminare il mondo e a salvare tutti gli uomini e gli Ebrei stessi che lo desiderano dalla menzogna sionista.
I profeti denunciano lo stato d’Israele
Avendo visto nella prima parte i testi sionisti insinuati silenziosamente -come contrabbandati- dalla penna menzognera degli scribi, così come la denuncia di questa pratica per mezzo dei profeti, vedremo in questa seconda parte come Dio e i suoi profeti abbiano condannato l’istituzione di uno Stato politico ebraico.
Ho detto nella prima parte della conferenza che nell’Antico Testamento della Bibbia si trovi un conflitto fra due tipi di testi: i testi ispirati da Dio e altri intrusi emanati da elucubrazioni sioniste. Questa lotta fra testi indica la resistenza feroce opposta dagli Israeliani a Dio nel passato e ancora nel presente. Il centro di questa opposizione è stato sempre lo stesso, cioè il desiderio della maggioranza degli ebrei di istituire uno stato politico ebraico governato dal Messia che loro immaginavano e immaginano ancora come un leader sionista che verrebbe proclamato re di un regno israeliano sionista. Ora Dio si è opposto alla creazione di un tale stato e lo ha manifestamente fatto sapere agli Ebrei tramite i suoi profeti. La discordia fra Dio e gli Ebrei è dunque lo stato di Israele.
In Genesi 32,28 la Bibbia ci spiega il significato della parola «Israele». Significa «lottare contro Dio». Notate che questo nome è esattamente il contrario della parola «Islam» che, in arabo, significa «abbandonare la propria faccia a Dio», o sottomettersi a Dio e alla sua volontà, come spiega il Corano nel versetto 21 della Sura 31 chiamata «Luqmân», che traduco letteralmente dall’arabo così: «Colui che abbandona la sua faccia (chi islamizza la propria faccia) interamente a Dio, costui è giusto». Abbandonare la faccia a Dio, volgere la faccia a Dio, guardare Dio, sono espressioni per manifestare la sottomissione totale al Signore.
I profeti biblici hanno rifiutato di rendersi complici degli Ebrei nell’istituzione di uno stato ebraico che questi già bramavano. La ragione di questa attitudine profetica lodevole è che il giudaismo è una fede, una credenza in un Dio unico e non un’ideologia politica che ha per scopo l’istituzione di un impero sionista nel mondo. Dio non ha mai aperto ad Abramo una via politica che conduca a uno stato ebraico perché Abramo aveva già un’identità e un inserimento sociale che la Bibbia non ha mancato di rivelare. Abramo era arameo, cioè siriano, dunque di origine araba, ma gli Ebrei pretendono che Abramo fosse un ebreo quando non c’era ancora un tal popolo prima di Abramo. Troviamo in Genesi 14,13 menzionato «Abramo l’ebreo». La parola «ebreo» fu aggiunta dagli scribi del passato per far credere che Abramo fosse ebreo. Questo è uno degli esempi di ciò che ha introdotto nella Bibbia la penna menzognera degli scribi. È per rimediare a questo che Dio ispirò a Mosè nel capitolo 26,5 del Deuteronomio, di domandare al popolo ebreo di dire, quando si presentavano davanti all’altare di Dio, le seguenti parole: «Mio padre era un arameo (un siriano) errante». Se Abramo fosse stato ebreo, Mosè non avrebbe mancato di rivelato.
Sottolineando l’identità siriana e araba di Abramo, io non cerco di monopolizzare l’ispirazione divina in favore degli arabi, né predicare un nazionalismo arabo qualunque. Il mio scopo, invece, così facendo, è salvaguardare l’ispirazione dai tentativi che mirano a «sionizzare» la Bibbia, cioè a sfruttarla al servizio del sionismo, perché l’ispirazione biblica fu data per illuminare tutti gli uomini e non i soli Ebrei come essi scelgono di credere.
Manifestando l’identità siriana di Abramo voglio concludere anche con il fatto che egli, essendo già cittadino di uno stato importante, non aveva nessun bisogno di istituire un altro stato, cioè uno stato israeliano.
Ciò che Dio voleva dalla comunità ebraica dal principio era una coesistenza pacifica con i loro compatrioti, predicando il monoteismo, a partire dalla regione dove essi si trovavano, con amore e pazienza in un mondo che, allora, era nell’ignoranza del Dio unico e sguazzava nella mitologia politeista.
Gli Ebrei, però, hanno fallito nella loro missione monoteista, non solo abbandonandosi all’idolatria, ma anche chiudendosi agli altri, isolandosi nella loro società erigendo barriere psicologiche dettate da un complesso di superiorità patologica e condannabile. Si possono capire persone che si chiudono agli altri per salvaguardare valori morali e per timore di contaminazione. Si devono frequentare persone che edificano. Un tale isolamento è lodabile. Non possiamo, però, che condannare le barriere psicologiche e sociali quando queste sono basate su considerazioni di gruppi etnici. Ora constatiamo dal loro comportamento idolatra e immorale -comportamento denunciato dalla Bibbia- che gli Israeliani non si basavano su valori morali nel loro comportamento di fronte agli altri gruppi Etnici.
Essendo chiusi in un ghetto spirituale e sociale gli Israeliani soccombono all’orgoglio e al fanatismo credendosi il solo popolo eletto di Dio. Si scagliano anche contro il Cristo Gesù per aver detto, tra l’altro, che gli uomini verranno dall’Oriente e dall’Occidente, dunque di ogni razza e di ogni i popolo, per sedersi con Abramo nel Regno di Dio, ma che essi, invece, essi i figli del Regno, cioè il regno d’Israele, ne saranno gettati fuori (Matteo 8,1l). In seguito gli Ebrei hanno politicizzato la loro missione spirituale aspirando a un governo temporale sul mondo intero tramite un impero israeliano simile agli imperi assiri, babilonesi, romani e altri. È giustamente un tale impero che Gesù rifiutò dal diavolo. Gli Ebrei, al contrario, hanno aspirato, e aspirano ancora oggi, a stabilire questo impero sionista a partire dalla Palestina.
Ora, la Palestina non è mai stata disabitata, al contrario la Bibbia rivela nel libro dei Numeri che Mosè aveva inviato esploratori per osservare questa regione. Questi esploratori ritornarono portando campioni dei buoni frutti che si trovavano in quel paese. Il rapporto che fecero a Mosè della Palestina di quell’epoca fu il seguente: «Noi siamo arrivati nel paese dove tu ci avevi mandato ed è davvero un paese dove scorre latte e miele; ecco i suoi frutti. Ma il popolo che abita il paese è potente, le città sono fortificate e immense» (Numeri 13,27-28). Tale è la testimonianza della Bibbia sulla Palestina 1200 anni prima di Cristo. Sarebbe dunque logico che Dio, intelligente e giusto, avesse scelto di costituire uno stato israeliano su un territorio già abitato da uomini che vi avevano costruito città grandi, forti e organizzate? Certamente no! Perché ciò sarebbe stato votare la regione a guerre interminabili mentre il Signore è un Dio di pace. Come credere quindi alla defunta Golda Meir che aveva detto che la Palestina era vuota, che i Palestinesi non esistevano e che per questo bisognava dare una terra senza popolo, cioè la Palestina, a un popolo senza terra, cioè gli Ebrei? Nessun uomo intelligente e di buona fede si lascerebbe convincere da tali menzogne.
Dio non ha prescritto né ad Abramo, né a Mosè la creazione di una nazione né di uno stato, ma di una comunità ebraica, Egli si è anche esplicitamente opposto agli Ebrei che volevano stabilire un re alla loro testa, come vedremo più avanti.
Il primo tentativo di politicizzazione del giudaismo è apparso nel libro dei Giudici con Gedeone, undici secoli prima di Gesù, cioè quasi 200 anni dopo Mosè. Gli Ebrei allora erano già entrati in Palestina con Giosuè, non pacificamente, ma avendo immediatamente fatto ricorso alla forza delle armi per accaparrarsi i territori e i beni degli abitanti pacifici come riportato dal racconto biblico. I coloni sionisti di oggi hanno imitato quelli di ieri con ancora più violenza per appropriarsi della Palestina e tentare di annettersi il Libano.
Nell’undicesimo secolo a.C. Gedeone guidava gli Israeliani nelle battaglie contro gli abitanti legittimi della regione. Dopo avere vinto qualche battaglia, la comunità ebrea inviò dei rappresentanti a chiedere a Gedeone di essere loro re, e suo figlio dopo di lui, e di seguito la sua discendenza, iniziando così una dinastia reale sionista che avrebbe regnato sopra gli Ebrei come popolo politico, alla maniera degli altri popoli. Il libro dei Giudici riporta la risposta di Gedeone al comitato inviato dalla comunità ebraica per sollecitarlo. Gedeone rispose: «Io non regnerò su di Voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi» (Giudici 8,23).
È utile sottolineare che anche Gesù, come Gedeone, rifiutò di regnare politicamente sugli Ebrei. Dopo aver rigettato le tentazioni del diavolo, San Giovanni ci dice nel suo Vangelo che Gesù «sapendo che stavano per venire a prenderlo -a rapirlo per forza- per farlo re (re d’Israele), fuggì di nuovo sulla montagna, tutto solo» (Giovanni 6,14-15). Questo rifiuto di Gesù di stabilire un regno sionista è la causa principale del rifiuto degli Ebrei, ancora oggi, di riconoscerlo come il Messia. Perché essi compresero che Gesù disapprovava lo stato d’Israele e le sue bramosie, lui che aveva detto che il suo Regno non era di questo mondo sionista.
Il secondo tentativo riportato dall’Antico Testamento, dopo quello di Gedeone, per stabilire un regno sionista, è avvenuto circa 100 anni dopo Gedeone, al tempo del profeta Samuele. La Bibbia, nel capitolo 8 del primo libro di Samuele, ci informa che «si radunarono allora tutti gli anziani d’Israele e andarono da Samuele a Rama. Gli dissero: «Ora stabilisci per noi un re che ci governi» (1 Samuele 8,5). La Bibbia non manca di rivelare chiaramente che questo dispiacque a Samuele perché essi avevano detto: «Ora stabilisci per noi un re che ci governi». Samuele invocò Dio che gli espresse così il suo malcontento e il suo rifiuto rispondendo con collera contro il popolo, dicendo a Samuele: «Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi» (1 Samuele 8,7). È così che la Bibbia denuncia uno stato israeliano come contrario al piano di Dio.
Samuele si sforzò invano di convincere i capi ad aderire al piano di Dio, ma essi rifiutarono categoricamente e risposero: «No, ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie» (l Samuele 8,9-22). Notate bene che lo scopo della richiesta di questo re era combattere le guerre israeliane. Samuele si rassegnò dunque per salvaguardare l’unità della comunità e Saul fu designato come primo Re di Israele. È così che la Bibbia riporta l’istituzione di uno stato d’Israele, un regno mai benedetto da Dio. Questo si comprende dalle parole di Dio stesso a Samuele: «Non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi».
La ragione del rifiuto divino di uno stato ebraico è che questo stato non può essere fondato che sull’ingiustizia e sulle rovine dei diritti altrui tramite guerre e sangue. È per questo, notate bene ancora, che gli Ebrei domandarono a Samuele un re che li guidasse in guerra per soddisfare le loro ambizioni di stabilire lo stato d’Israele, stato che ha sempre versato sangue e disprezzato i diritti dell’uomo nel Medio Oriente. Tuttavia Dio aveva pianificato la formazione di una comunità pacifica per annunziare e approntare tutti gli uomini ad accogliere il Messia e non una nazione bellicosa e accartocciata su se stessa.
L’attaccamento degli Israeliani a un stato ebraico non smette di essere la sorgente delle loro ispirazioni a ogni livello e dirige i loro pensieri e le loro azioni, non solo sul piano temporale, ma anche in ciò che concerne il Messia che essi immaginano come un leader sionista che li conduce a combattere vittoriosamente tutti gli Arabi e a sottometterli miracolosamente come per incanto agli Israeliani. Allora questi potrebbero vagare tranquillamente a stabilire l’impero sionista mondiale, apice dell’ideale ebreo.
Con l’apparizione dello stato d’Israele molti Israeliani hanno pensato che il loro messia fosse già nel mondo. Certi hanno pensato che questo Messia, Re d’Israele, non fosse altro che l’ex Primo Ministro Menachem Begin, soprattutto dopo la visita di Sadat, presidente dell’Egitto, a Gerusalemme e gli accordi israelo-egiziani di Camp David. Altri hanno visto il volto del Messia in Ariel Sharon, Capo dell’esercito israeliano. Durante le elezioni anticipate in Israele nel 1981, abbiamo sentito le ovazioni degli Israeliani tanto a favore di Begin: «Begin re di Israele» quanto a favore di Sharon: «Ariel re d’Israele». I due uomini erano a quel tempo all’apice della loro gloria. Noi sappiamo che il titolo di «re» non è attribuito dagli Israeliani che al Messia che essi aspettano. Questo Messia sionista è denunciato da San Giovanni nella sua prima lettera essendo l’Anti-Cristo in rapporto a Gesù che è il vero Cristo.
Gli Ebrei di oggi considerano Israele in una condizione transitoria che avrà termine con la venuta del Messia. Questi dovrebbe, secondo loro, istituire un regime definitivo in Israele, che sarebbe un Regno, iniziando una dinastia regale permanente fino alla fine dei tempi.
Il sionismo mondiale, tramite il suo strumento della massoneria, è riuscito a rovesciare più di un regno nel mondo affinché non sussista, al momento giusto, che il solo Regno di Israele e che il suo re sia proclamato re del mondo. Attualmente il sionismo mira a rovesciare, tramite i suoi agenti occulti, il Regno Unito.
I profeti biblici avevano capito che gli Ebrei non potevano instaurare il loro stato senza ricorrere all’ingiustizia, all’astuzia e al sangue. Ed è per questo che insorgevano, pieni del soffio di Dio, contro gli Israeliani perché avevano scelto re e capi politici dimenticando che avevano una missione spirituale e non politica. In effetti, Dio, per bocca del profeta Osea aveva fulminato gli Israeliani dicendo: «…Hanno trasgredito la mia Alleanza e rigettato la mia legge. Essi gridano verso di me: Noi ti riconosciamo Dio d’Israele! Ma Israele ha rigettato il bene: il nemico lo perseguiterà. Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa» (Osea 8,1-4).
È così che la Bibbia confuta Israele e invita gli Ebrei di oggi a riconoscere che Abramo loro antenato era siriano. La Bibbia ripete oggi ciò che aveva detto ieri agli Israeliani e cioè che i loro capi non hanno la benedizione di Dio. Ripeto: i capi israeliani di oggi non hanno la benedizione di Dio. Come è possibile che ci siano allora responsabili religiosi cristiani che li sostengano? Agendo così non fanno che perderli.
Sapendo che la Bibbia li condanna, i dirigenti della comunità ebraica hanno, per secoli, ricorso ad altri mezzi per giustificare la loro cupidigia. Inventarono dunque il Talmud e lo eressero al più alto rango delle tradizioni ebree. Il Talmud ha per essi il valore di una Bibbia orale, o Torah orale. Gli studi talmudici hanno persino più valore di quelli biblici perché essi cercano di giustificare ogni sforzo che conduce all’evoluzione del sionismo.
La relazione tra Israele, l’Anticristo e «Gog e Magog»
Un’ultima riflessione su questo soggetto: se Dio confuta Israele, allora due domande si impongono: la prima, perché ha permesso la sua riapparizione? La seconda, la Bibbia parla di questo ritorno d’Israele? Rispondo alla prima domanda: Dio permette la riapparizione d’Israele?
Dio permette la riapparizione d’Israele per colpire tutti coloro che sono attaccati al materialismo e posseduti dallo spirito sionista e i loro alleati con un castigo che cambierà il volto del mondo, sconvolgendo le condizioni politiche, sociali e religiose che prevalgono attualmente. Israele, manifestandosi, raduna attorno a sé tutti gli uomini di cattiva fede, tutti gli apostoli della menzogna e i figli delle tenebre. Sterminando Israele, Dio condannerà con un colpo solo i malfattori nel mondo.
Nella sua seconda lettera ai Tessalonicesi, San Paolo dice che alla fine dei tempi, Dio manderà agli uomini perversi, cito: «una potenza di inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità» (2 Tessalonicesi 2,11-12). Lo Stato d’Israele è questa potenza del male che riunisce attorno a sé gli amanti della menzogna.
Dio vuole mettere fine alle attività occulte e malefiche dei sionisti nel mondo. Queste attività operavano da prima che il Cristo e San Paolo le chiamassero «Il mistero dell’iniquità in atto» (2 Tessalonicesi 2,7).
I sionisti si sono evoluti in un vaso chiuso; i loro pensieri sono fermentati in un clima di razzismo inconfessato. Questo razzismo è stato nondimeno denunciato dalle Nazioni Unite che, da qualche anno, hanno assimilato il sionismo al razzismo.
Gli Israeliani, come la Signora Felicia Langer, avvocato ebraico ben conosciuto che, non solo difende la causa dei Palestinesi in Israele e in conferenze internazionali, ma denuncia anche l’inganno sionista, sono rari. Un ebreo, oggi, deve avere una tempra eccezionale per sfuggire alla mentalità sionista. Felicia Langer e altri nobili Ebrei hanno saputo parlare oggi come hanno parlato ieri i profeti, e specialmente il profeta Isaia che accusava gli Israeliani «questo popolo carico di iniquità», disse, «razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore (Isaia 1,4).
Noi che viviamo nel Libano siamo testimoni dei crimini israeliani commessi nei nostri numerosi villaggi del Sud, dopo il sangue che essi fecero colare in Palestina per scacciare i Palestinesi.
Non dobbiamo meravigliarci della violenza degli Israeliani di oggi. Questi vogliono imitare i loro antenati, applicando le direttive bibliche che si trovano nel Vecchio Testamento, inserite dalla penna menzognera e sanguinaria degli scribi che incitarono gli Ebrei di ieri a massacrare -in nome di Dio- gli abitanti della regione e a spogliarli dei loro beni, spingendo a considerarli come nemici da sterminare, tutti i non Ebrei.
È per questo che il Cristo, parlando agli Ebrei, comandò loro di amare i loro nemici, cioè i non ebrei, Romani e altri a quel tempo, considerati dagli Ebrei come nemici. Questo comandamento d’amare i nemici è indirizzato esclusivamente a coloro che hanno uno spirito razzista. Perché per gli altri il problema non si pone. Per illustrare questo comandamento, Gesù guarì dei Romani e questo scandalizzò gli Ebrei. Invece Gesù comanda ai suoi discepoli di opporsi ai nemici di Dio, a coloro che lo rifiutano come Cristo. Non dice forse nel Vangelo di Luca: «E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me» (Luca 19,27). Non dobbiamo dimenticare ancora che Gesù entrò nel Tempio con una sferza in mano per scacciare gli ipocriti e i mercenari, anche se erano Ebrei.
Allo stesso modo il comandamento di presentare la guancia destra a colui che ti schiaffeggia sulla sinistra è indirizzato alla folla di Ebrei riuniti attorno a Gesù. Il Vangelo di Luca ci informa che Gesù, infatti, aveva detto: «Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici…» (Luca 6,27). Notate bene che Gesù dice «A voi che ascoltate, io dico». Ora, quelli che erano presenti ad ascoltarlo erano dei sionisti abituati all’ingiustizia, che si appropriavano dei beni altrui, esattamente come fanno oggi in Palestina e cercano di fare in Libano. Questa prescrizione si rivolge dunque al sionista ingiusto che il defraudato colpisce per recuperare il suo bene. Gesù vuole dire che costui ha ragione a colpire e che l’ebreo dovrebbe ringraziarlo perché, colpendolo, il defraudato orienta l’ebreo sulla buona strada. Il Cristo direbbe agli Ebrei di oggi: «Amate il vostro nemico, il palestinese e lo sciita libanese, e presentate pure la guancia destra quando egli ti schiaffeggia sulla sinistra perché egli ha ragione e sei tu l’usurpatore».
Gli esempi dei comportamenti criminali degli Ebrei abbondano nel Vecchio Testamento. Non ne citerò che uno solo perché è l’esempio per eccellenza, si trova nei capitoli 17 e 18 del libro dei Giudici. Eccone il riassunto: «Quando gli Ebrei entrarono in Palestina con Giosuè nel XII secolo a. C. si spartirono il paese fra le tribù. La tribù di Dan, però, non era soddisfatta della propria parte e inviò cinque dei propri uomini a esplorare la regione alla ricerca di un luogo dove installarsi. Questi arrivarono al villaggio di Efraim, a 30 km a nord Gerusalemme e trovarono un prete levita che serviva Dio. Questo dio non era altro che un idolo di metallo fuso che portava l’Efod e il Terafim, due specie di pietre, aventi una l’iscrizione «Si» e l’altra l’iscrizione «No», tramite le quali il prete consultava Dio a caso tirando a sorte. I cinque uomini domandarono al prete di consultare Dio per vedere se fossero riusciti nella loro impresa. Il prete ubbidì e rispose: «Andate in pace, il viaggio che fate è sotto lo sguardo del Signore». I cinque uomini proseguirono quindi il loro cammino verso Nord. Arrivarono a una città chiamata Lais, situata a circa 30 km a Est di Tiro. Videro che gli abitanti di Lais vivevano pacificamente, senza problemi né inquietudine, né mancava loro alcun prodotto della terra e che nessuno li disturbava. Erano lontani.
I cinque uomini, sedotti dalla prospettiva di una vittoria facile, tornarono dunque dai loro fratelli facendo loro questo rapporto: «Alziamoci e andiamo contro quella gente, poiché abbiamo visto il paese ed è ottimo. E voi rimanete inattivi? Non indugiate a partire per andare a prendere in possesso il paese. Quando arriverete là, troverete un popolo che non sospetta di nulla. Il paese è vasto e Dio ve lo ha messo nelle mani; è un luogo dove non manca nulla». Partirono quindi verso Lais e rapirono il prete levita e l’idolo di metallo. La Bibbia prosegue il racconto nel seguente modo: «I Daniti giunsero a Lais, da un popolo che se ne stava tranquillo e sicuro; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme. Nessuno le prestò aiuto, perché era lontana da Sidone e i suoi abitanti non avevano relazioni con altra gente. Essa era nella valle che si estende verso Bet-Recob. Poi i Daniti ricostruirono la città e la abitarono. La chiamarono Dan dal nome di Dan loro padre» (Giudici 18,27-29).
Vi ho citato questo esempio perché la città di Lais è nel Sud del Libano ed evoca i crimini commessi attualmente, in questo stesso giorno in cui vi parlo, oggi 21 marzo 1985, dagli Israeliani, in Libano. Notate che gli Ebrei sono entrati oggi nel Libano con tutto il loro arsenale nei nostri villaggi del Sud dove hanno distrutto le case, scacciati gli abitanti e bruciati gli aranceti e oliveti che i nostri pacifici fattori hanno visto crescere a prezzo del sudore delle loro fronti.
Non aveva ragione il Cristo a dire a questa specie di Ebrei che il loro Dio era Satana? Riflettete un poco sull’identità reale del dio consultato dal prete levita esploratore della Tribù di Dan. È ora il momento di avere del discernimento. Potete veramente credere che sia stato davvero il Dio creatore, il buon Dio, creatore di tutti gli uomini, a benedire i Daniti permettendo loro di sgozzare come una preda facile gli abitanti pacifici della città di Lais? Nello stesso modo potete voi credere che il Buon Dio Creatore di tutti gli uomini possa spingere oggi Menachem Begin, l’ex Primo Ministro Israeliano a sgozzare i poveri villaggi di Deir Yassin ed espellere i Palestinesi dalla Palestina per stabilire uno Stato ebraico? Che ciascuno risponda secondo coscienza. Attenzione, però, alla nostra risposta perché Dio ce ne chiederà conto.
I numerosi crimini commessi dagli Israeliani nel passato per stabilire uno stato ebraico hanno spinto i profeti a insorgere contro di loro e a denunciarli. Invece di pentirsi, gli Israeliani hanno messo a morte i profeti che li disturbavano. Ho sentito io stesso alla radio di Israele qualche anno fa un commento religioso in francese nel quale si diceva che «Se un profeta fosse apparso oggi in Israele a parlarci come i profeti parlarono nel passato ai nostri padri, noi lo avremmo ucciso». Uccidere… Uccidere… Uccidere… ancora! Questa è l’unica alternativa sionista al pentimento, l’unica risposta data dai sionisti a Dio e ai suoi profeti.
È venuto il momento «di distruggere coloro che distruggono la terra» secondo l’espressione di Apocalisse 11,18. Dio ha dunque permesso al sionismo di concretizzarsi nello stato d’Israele, di uscire dal suo nascondiglio per dargli il colpo di grazia.
La seconda questione è la seguente: la Bibbia parla del ritorno di Israele? Sì, la Bibbia parla del ritorno d’Israele, ma non come compreso dagli Israeliani che applicano le profezie bibliche, annunziando il ritorno degli Ebrei da Babilonia nel VI secolo a.C., allo stato d’Israele oggi. Queste profezie si sono già compiute nel passato e, a ogni modo, non miravano alla fondazione di uno stato politico ebraico, ma al ritorno in Palestina della comunità ebraica esiliata a Babilonia da Nabucodonosor.
Tuttavia i capitoli 38 e 39 del libro di Ezechiele parlano dell’invasione della Palestina alla fine dei tempi da Gog e Magog, simbolo delle forze del male. Abbiamo compreso l’identità di Gog e Magog tramite il capitolo 20,7-9 dell’Apocalisse. Gog e Magog, dice l’Apocalisse, dilagheranno in Palestina dai quattro punti della terra per la guerra. S’insedieranno su tutta la distesa della Palestina e occuperanno la Città Santa Gerusalemme, la occuperanno per un certo tempo, ma alla fine un fuoco cadrà dal cielo e li distruggerà definitivamente. Essi non riappariranno mai più. Gog e Magog, simbolo del Paganesimo e del rifiuto del piano di Dio rappresentano oggi gli Israeliani che, a causa del loro rifiuto di Gesù, sono gli eredi moderni del Paganesimo. Essi vengono infatti dai quattro punti della terra, come rivela l’Apocalisse, per insediarsi tramite la guerra, in Palestina, proclamando Gerusalemme, la Città Santa, la Città beneamata come capitale del loro stato ebraico.
L’Apocalisse parla ancora dell’apparizione di una Bestia alla fine dei tempi. Questa Bestia esisteva nel passato, ma era scomparsa, ci dice l’Apocalisse. Essa ritorna per essere distrutta definitivamente, poco tempo dopo il suo ritorno, per mai più apparire.
Questo si applica a Israele che esisteva nel passato, essendo stata distrutta nell’anno 70 d. C. da Tito. Eccola di ritorno per scomparire per sempre. Questa profezia si applica a Israele, tanto più che l’Apocalisse annuncia l’apparizione di una seconda Bestia che sostiene la prima e l’impone al mondo con la forza delle armi e del denaro (vedere capitoli 13 e 17 dell’Apocalisse). Essendo Israele la prima Bestia, è facile da comprendere che la seconda Bestia che la sostiene non siano altro che gli Stati Uniti di America. L’Apocalisse annuncia la sconfitta delle due Bestie e il trionfo, con la loro sconfitta, di Cristo Gesù.
Noi diciamo dunque che la Bibbia ha annunciato il ritorno di Israele parlando di Gog e Magog nel libro di Ezechiele, perché vedeva gli Israeliani divenuti pagani per il loro rifiuto di Gesù.
Non posso terminare questa conferenza senza menzionare qualcuna delle profezie bibliche a proposito del Libano. Si trovano nella Bibbia profezie i cui avvenimenti si svolgono attualmente sotto i nostri occhi, proprio qui in Libano. Comincio con il segnalarvi ciò che il profeta Abacuc aveva profetizzato contro colui che avesse invaso il Libano inondandolo di sangue. Egli dice:
«Lo scempio fatto al Libano ricadrà su di te… a causa del sangue umano versato, della violenza fatta alla regione, alla città e a tutti i suoi abitanti» (Abacuc 2,17).
Oggi Israele sta fuggendo dal Libano dope averlo invaso, violentato, sgozzato; ma il sangue versato in Libano dagli Israeliani sta facendo annegare Israele portandolo alla sua morte. La guerra israeliana contro il Libano avrà anche ferito il Libano. Il Libano, però, guarirà; Israele invece non guarirà mai e se andrà alla sua perdizione.
La Bibbia aveva annunciato questi avvenimenti apocalittici che si svolgono oggi in Libano. Il libro del Cantico dei Cantici riporta nel capitolo 4 un dialogo poetico fra Dio e i suoi eletti, dove Dio è rappresentato come lo Sposo e gli eletti come la sposa. Lo Sposo chiama a Lui la sua sposa, non da Israele, ma dal Libano. Ne cito alcuni estratti commentandoli velocemente. È lo Sposo che parla:
«Tutta bella tu sei, prediletta mia, in te nessuna macchia
(commento: ella è stata purificata dalla prova)
Vieni con me dal Libano, o sposa,
Con me dal Libano, vieni! Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
(distillano miele perché essa parla come vuole Dio, dicendo la parola profetica: «NO» a Israele)
Il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano. Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata, fontana che irrora i giardini, pozze d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano. (Commento: La fontana sigillata evoca il Libro dell’Apocalisse, questo libro sigillato da sette sigilli come detto dall’Apocalisse nel capitolo 5, ma aperto da Gesù in Libano per rivelare che Israele è l’Anticristo. Questo libro diventa una sorgente che feconda i giardini, vale a dire che illumina gli eletti; un ruscello sgorgante dal Libano, questo ruscello è il fiume di vita di cui parla l’Apocalisse al capitolo 22).
Levati, aquilone, e tu, austro, vieni, soffia nel mio giardino, si effondano i suoi aromi».
Venti impetuosi e tempeste violenti hanno soffiato sul Libano dal Nord al Sud affinché il profumo della sua resistenza contro Israele sia sparso nel mondo intero. Rendiamo dunque omaggio ai nostri fratelli sciiti, i degni figli di Fatima. Essi hanno meritato, con il loro combattimento contro l’Anticristo, che Maria, la Vergine Madre del Cristo, apparisse in anticipo nel 1917 nel villaggio di Fatima in Portogallo, al fine di attirare gli sguardi del mondo verso i suoi figli, i valorosi combattenti sciiti, i combattenti sciiti figli di Fatima, i combattenti sciiti del Libano del Sud che hanno potuto, con la loro vigilanza, scacciare i soldati sionisti.
Con la loro resistenza feroce contro gli Israeliani, con il sangue che essi hanno versato abbondantemente, generosamente, incalcolabile, i discendenti di Fatima hanno permesso agli apostoli degli ultimi tempi di proseguire la loro missione al fine che si spanda nel mondo, di nuovo, come aroma vivificante, come un profumo benefico la conoscenza del Cristo Gesù, questa conoscenza eclissata e deformata solo per un certo tempo, dai negatori di Gesù. Questi pagani sionisti occupano oggi la Palestina e vengono scacciati sotto i nostri occhi, a grandi passi, dal sud del nostro Libano.
Il ruolo spirituale del Libano, la sua testimonianza contro l’Anticristo, fu profetizzata da Isaia al capitolo 29,17-18 dove egli dice: «Certo, ancora un poco, e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva. Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno». Questo libro è quello dell’Apocalisse che smaschera l’Anticristo, Israele, la Bestia dell’Apocalisse, che anche quelli che si credono sordi al messaggio, ascolteranno.
Termino le profezie bibliche sul Libano con le parole profetiche di Ezechiele che annuncia la Buona Notizia del trionfo del Cedro, simbolo del Libano, che sarà piantato da Dio sulla Monte d’Israele. Immaginate la bandiera libanese, sulla quale è raffigurato il Cedro, piantata sopra le cime dei monti israeliani. Ezechiele dice, in effetti:
«Dice il Signore Dio: Io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello e lo pianterò , sopra un monte alto, massiccio; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui, tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto (Israele) e innalzo l’albero basso (Libano); faccio seccare l’albero verde (Israele) e germogliare l’albero secco (Libano). Io, il Signore, ho parlato e lo farò.» (Ezechiele 17,22-24)
Si è voluto ascoltare ciò che la Bibbia dice d’Israele. Io ho riportato anche ciò che la Bibbia dice del Libano. Che gli Israeliani, con i loro amici che pretendono credere alla Bibbia si armino di saggezza e ascoltino ciò che Dio, nella Bibbia, dice del Libano, ciò che lo Spirito dice alle chiese come dice l’Apocalisse. Perché il momento è venuto per aprire i libri e che gli uomini vengano giudicati secondo il contenuto di questi libri. Che tutti ascoltino dunque, anche i sordi!
Conclusione
Alla fine di questa conferenza, cosa bisogna concludere? Quale atteggiamento deve avere l’uomo che crede nella Bibbia, nei confronti di Israele? Noi affermiamo che l’atteggiamento logico di ogni vero credente si ispiri al rifiuto di Israele, al «No a Israele».
Abbiamo visto che la Bibbia, nel Vecchio Testamento, condanna lo stato d’Israele. Il Nuovo Testamento, a suo turno, invita i veri discepoli del Cristo, quelli che tengono alla testimonianza di Gesù a sollevarsi contro i suoi negatori.
Ora certi cosiddetti Cristiani rimproverano coloro che si armano per difendersi contro la violenza di Israele, per il solo fatto di portare delle armi. Essi dimenticano, questi pseudo-cristiani, le guerre dei Crociati e tutte le guerre fatte dal mondo occidentale, questo mondo che si arma oggi fino ai denti. Paradossalmente, armandosi, i Cristiani non esitano a condannare quelli che si armano per difendersi contro•1’invasore e l’usurpatore israeliano.
Voglio infine ricordarvi ciò che il profeta Maometto ha detto, affinché l’atteggiamento contro l’Anticristo sia ispirato da fonti Ebree, cristiane e mussulmane. Egli ha detto che quando l’Anticristo apparirà, Gesù stesso con i suoi eletti si solleverà per combatterlo e vincerlo.
Ora, coloro che combattono l’Anticristo sono oggi gli sciiti, i degni figli di Fatima e i discendenti dei suoi figli Hassan e Hussein. Noi tutti che abbiamo il discernimento divino per riconoscere e combattere l’Anticristo, Israele, siamo tutti figli di Hassan e Hussein e giacché è Gesù che, in questa fine dei tempi, si è alzato per combattere Israele, siamo tutti Gesù di Nazareth che conduce la sua guerra di Giustizia contro il nemico che lo rinnega.
Beati coloro che rispondono all’appello divino e si uniscono alle «Nozze dell’Agnello», a questo banchetto divino durante il quale Dio ci invita, secondo l’espressione del capitolo 19,17-18 dell’Apocalisse, a mangiare la carne dei capi sionisti e pro-sionisti.